L’industria cosmetica condivide pienamente ogni sforzo per la protezione dell’ambiente acquatico e tutti gli obiettivi europei e globali finalizzati a ridurre significativamente la quantità di rifiuti marini in plastica (derivanti sia da micro che da macro plastiche).

Ma quali sono le fonti dei detriti in plastica presenti nei nostri mari? Le evidenze scientifiche disponibili suggeriscono che la grande maggioranza di microplastica presente nei mari derivi dalla frammentazione di materiali plastici di grandi dimensioni. Prove scientifiche dimostrano inoltre che le microplastiche nei prodotti cosmetici rappresentano un contributo decisamente minore e limitato in confronto ad altre fonti: un rapporto di buona credibilità assegna ai cosmetici la responsabilità dell’apporto di microplastiche per una percentuale che varia dallo 0,1% fino ad un massimo dell’1,5% sul totale dei frammenti in plastica.

Tuttavia, in considerazione della crescente preoccupazione dell’opinione pubblica e laddove esistono alternative applicabili, l’industria cosmetica ha già da tempo intrapreso azioni concrete per abbandonare l’impiego di microplastica nei prodotti da risciacquo, quali, ad esempio, i cosiddetti scrub.

Inoltre, singole aziende hanno, in precedenti e diverse occasioni, comunicato ufficialmente il loro fermo impegno a interrompere l’uso di microplastica nei propri prodotti. In questo ambito si colloca anche la raccomandazione dell’ottobre 2015 che Cosmetics Europe (Associazione europea delle industrie cosmetiche) aveva inviato a tutti gli associati affinché, entro il 2020, fosse sospeso l’impiego di microplastica solida, non biodegradabile nell’ambiente marino, usata come agente esfoliante e detergente nei cosmetici da risciacquo.

L’obiettivo è stato raggiunto con ampio anticipo, dato che i dati diffusi da Cosmetics Europe nel 2018 dimostravano che le imprese europee della cosmesi avevano già ridotto del 97,6% l’impiego di microparticelle in plastica nei cosmetici da risciacquo esfolianti e detergenti.