Per parlare di rischio e del suo significato si usano spesso termini o concetti molto complessi, che in taluni casi rischiano di creare confusione. Parlando di sicurezza delle sostanze chimiche o dei prodotti che le contengono (tra cui i cosmetici), le parole “rischio” e “pericolo” sono spesso usate in modo interscambiabile, quasi fossero sinonimi. Ma così non è: per essere completamente chiari su cosa si intende con “sicurezza”, è importante prima chiarire la differenza fra “pericolo” e “rischio”, passando anche per la definizione di “esposizione”.

Pericolo: il modo con cui un oggetto o una situazione possono causare un danno. Un pericolo esiste quando un oggetto (o una sostanza) o una situazione ha la capacità intrinseca di causare un effetto avverso o nocivo.

Esposizione: il livello o la quantità di pericolo a cui il soggetto è potenzialmente esposto.

Rischio: la probabilità che il danno alla persona o alle cose si verifichi realmente.

Come detto, un pericolo esiste dove un oggetto (o una sostanza) o una situazione hanno la capacità intrinseca di causare un effetto avverso. Il rischio, al contrario, è la probabilità che tali effetti avvengano realmente: il rischio può essere alto o trascurabile.

Noi siamo circondati da situazioni di pericoli potenziali, tutti i giorni. Anche un semplice ed innocuo giocattolo per bambini può rappresentare un pericolo, quando lasciato in cima ad una scala dove qualcuno potrebbe scivolarci sopra e cadere lungo le scale.

Quindi, essere sicuri significa principalmente minimizzare al massimo i rischi controllando la nostra esposizione al pericolo (riordinare i giochi dei nostri figli), piuttosto che tentare di rimuovere ogni possibile pericolo potenziale dalla nostra vita (gettare via o addirittura vietare i giocattoli per i nostri figli).

Sicuramente lo facciamo tutti i giorni, in più occasioni, consciamente o inconsciamente: quando decidiamo se attraversare la strada, come prenderci cura della nostra famiglia, noi sempre consideriamo i pericoli esistenti e valutiamo i rischi prima di effettuare un’azione.

Così come ci sono dei rischi nella nostra vita quotidiana, così vi sono dei rischi nelle attività che le imprese conducono e nei prodotti che fabbricano. Ma perché un danno avvenga nella realtà, in altre parole perché ci sia un rischio, ci deve essere contemporaneamente sia un pericolo che l’esposizione a quel pericolo; senza la presenza di entrambi allo stesso tempo, non c’è rischio.

Per spiegare meglio questo concetto possiamo fare l’esempio di un animale pericoloso (ad esempio un leone). Il leone può indubbiamente essere visto come un “pericolo”. Quando è libero, le persone che si trovano nelle vicinanze sono esposte a questo pericolo. C’è il rischio che queste persone siano attaccate dal leone. Tuttavia, se il leone è chiuso in una gabbia, continua a rimanere un animale “pericoloso” ma non c’è esposizione a questo pericolo, ossia non c’è rischio per le persone.

La valutazione del rischio permette di determinare se, come ed in quali circostanze, può essere causato un danno. Per fare questo, sia il pericolo che l’esposizione deve essere considerata. In questo modo l’industria cosmetica arriva a definire la sicurezza dei propri prodotti quando impiegati nelle loro normali o ragionevolmente prevedibili condizioni d’uso.

Recentemente il prof. Corrado Galli, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Milano e presidente della Società Italiana di Tossicologia, è intervenuto sul tema in un’intervista per Lastampa.it: “Il pericolo è insito in tutto ciò che ci circonda, il rischio invece dipende da come e in quali quantità, si entra in contatto con una certa sostanza. Un esempio: l’acido cianidrico è una sostanza pericolosissima. Se la conserviamo in bottiglia chiusa, però, non costituisce un rischio: diventa rischiosa se ne inaliamo i vapori. Gli ingredienti contenuti nei prodotti cosmetici, in generale, non devono costituire alcun pericolo, secondo il Regolamento Europeo dei Prodotti Cosmetici per la salute. Non devono nemmeno rappresentare un rischio a causa delle concentrazioni definite da SCCS di volta in volta. Naturalmente tutto dipende da come il prodotto in questione è stato formulato e a quali direttive risponde per l’immissione in commercio”.

Anche la prof. Marina Marinovich, docente di tossicologia al Dipartimento di Scienze farmacologiche dell’Università di Milano, in un’intervista sul Corriere della Sera ha precisato: “Se mi chiedono: il piombo è tossico? Io, naturalmente, rispondo di sì, ma per parlare di rischio ci vuole una combinazione tra tossicità e grado di “esposizione”, bisogna cioè chiarire a quanta sostanza tossica si è esposti, in che modo e per quanto tempo. Le domande sono: quanto piombo c’è nei rossetti? E come viene in contatto con l’organismo? Lo mangiamo? Lo mettiamo solo sulla cute e magari ne ingoiamo anche un po’ mordicchiandoci le labbra? Per quanto tempo permane?  La valutazione del rischio è una procedura ben consolidata: prevede l’analisi di un complesso dossier tossicologico che spazia dalle simulazioni al computer ai (quando è necessario) test sugli animali”.

Rimane una responsabilità però anche del consumatore: leggere sempre con attenzione e rispettare le avvertenze e le istruzioni d’uso, fornite in etichetta. Questo contribuisce a ridurre al minimo i rischi di eventi avversi e gli usi anomali dei cosmetici.